di Simona CASAGRANDE
Passeggiando nel
“budello” della bellissima Alassio tutti noi scrutiamo sempre le coloratissime
ed eleganti vetrine rimanendo affascinati dai capi d’alta moda che abbagliandoci
ci legano al presente o proiettano nel futuro, ma c’impediscono di ammirare il
passato di questi luoghi e le bellezze che li circondano, tanto famigliari, ma
incredibilmente sconosciute.
Basterebbe
chiudere gli occhi per un attimo per lasciarsi trasportare all’inizio del secolo
scorso, quando il centro cittadino, dove ora vi sono strade, case su case, non
era altro che una verde pianura coltivata ad ortaggi ed alberi da frutta e a
questo modo riusciamo a godere di cose che di solito, distrattamente, vediamo, ma
non guardiamo.
Così partendo
dal fondo di via Roma incontriamo Villa Bianca, ove dal 1888 al 1905 visse il
noto pittore irlandese Richard Whateley West, che ogni mattina, anche
nei giorni più freddi dell’anno, scendeva a fare il bagno in mare e le cui
opere, donate dalla figlia Katleen, nel 1963, alla città di Alassio, sono ora conservate
nella Richard West Memorial Gallery.
Entrando nel “budello”,
a chiunque verrebbe da sorridere pensando come nel 1907, durante la prima
edizione della Milano-Sanremo, i ciclisti partecipanti, dovettero transitare proprio
di qui, una stretta via lastricata, perché non esistevano altre strade.
Subito incrociamo,
in Borgo Barusso, la chiesetta di Sant’Anna, protettrice dei marinai, eretta
nel 1730, che racchiude al suo interno un crocifisso ligneo di Antonio Maria
Maragliano. Posta s’uno scoglio sembra quasi volerci aprire la porta verso il
centro storico del paese e noi accogliamo di buon grado l’invito.
Dopo alcuni
metri, sul lato destro, troviamo tre grandi portoni incorniciati da neri portali
in ardesia scolpita: è la chiesa della Carità, ove è conservata una statua
dell’Assunta, anch’essa del Maragliano. Adiacente vi è l'Hospitium Peregrinorum, che
fu eretto tra il 1307 ed il 1310 dagli armatori alassini, in seguito alla
mancanza di alloggi durante il passaggio delle folle di pellegrini, diretti a
Roma per il I Giubileo, indetto da Bonifacio VIII nel 1300. Qui soggiornò anche
San Rocco di Montpellier, nel 1315. L’Hospitium aveva inizialmente la capacità
di ventisei letti, una cucina e l’annessa chiesa, in seguito venne ampliato
diventando il primo ospedale civico.
All’angolo
con piazza Matteotti, troviamo un grande portone verde scuro con chiodi a punta
di diamante, con due battenti, sovrastato da una mezzaluna in ferro battuto:
Palazzo Scofferi che nel periodo napoleonico, fu sede del municipio ed ove si
racconta, pernottò Napoleone, qui di passaggio.
Girando a
sinistra in via Milite Ignoto incontriamo subito un magnifico portone in ferro
color verde chiaro con chiodi a punta di diamante, con due battenti in ottone fuoriuscenti
dalla bocca di una testa di leone, rappresentanti ognuno due putti reggenti lo
stemma di famiglia: Palazzo Vallerga.
Ed ecco anche
l’elegante portone di Palazzo Brea, del XVI sec., riconoscibile per le sue
classicheggianti colonne in marmo bianco di Carrara, in stile ionico, sovrastate
da un portale bianco con l’effige “Commondo et Hospitio”.
I nobili qui
erano di matrice imprenditoriale, nobilitati per servigi e benemerenze
acquisite, quindi non gareggiavano tra di loro, costruendo residenze sfarzose,
si accontentavano di dimore di modeste proporzioni, di massimo due piani e a
poca distanza l’una dall’altra.
Tornando nel
“budello”, al n.29 ecco nuovamente un Palazzo Scofferi, di un altro ramo della
famiglia, mostrare un incantevole portone in legno marrone scuro con chiodi
arrotondati in ottone, affiancato da finte colonne in marmo bianco di stile
dorico e sovrastato da una mezza luna in ferro battuto con al di sopra un
bellissimo stemma di famiglia in pietra bianca.
Poco lontano
incontriamo, del sec XVI e XVII, il Palazzo dei cittadini più illustri: i
Marchesi Ferrero Gubernatis di Ventimiglia. Le finestre contornate dal giallo
ocra sullo sfondo rosso scuro della facciata, fanno pensare al Palazzo del
Quirinale ed il portone è talmente maestoso che sembra impossibile passagli
davanti senza che venga notato, eppure sono pochi coloro, alassini e non, che
restano catturati da tanto splendore. I battenti in ferro liscio, sul portone
centrale, fuoriescono dalla bocca di Bacco ed i portali in marmo bianco hanno altorilievi
con fiori, frutta e melograni a fargli da cornice; al centro, in alto, un
grande stemma in marmo rappresentante uno scudo su sfondo oro con tre righe
nere; sui lati due altorilievi in marmo bianco con grandi vasi pieni, quello a
destra di fiori, quello a sinistra di frutta. Sul retro del Palazzo troviamo un
maestoso giardino curato con l’amore che si addice solo ad uno scrupoloso
giardiniere: pieno di aiuole con fiori di ogni specie e colore e poi abeti,
palme e cipressi ed al centro un romanticissimo pozzo.
S’un lato di via Cavour, alzando lo sguardo, troviamo un bellissimo edificio bianco, degli anni ’30, con ringhiere e sottobalconi in ferro battuto nero, in stile liberty, quello che fu lo storico “Caffè Roma”, raduno del jetset internazionale degli anni ’50. - “Quel muricciolo anonimo, così spoglio, semplice contenimento del terriccio dei giardini pubblici, è indegno della vivacità dei passanti e della sensibilità degli ospiti seduti ai tavolini di un caffè così elegante” - disse un giorno Mario Berrino, il titolare del noto locale, ad Hemingway, mentre questi firmava il libro dei ricordi. Ma fu proprio in quell’istante che gli venne l’idea di trasferire gli autografi di tutti quei personaggi illustri, che aveva raccolto negli anni, su piastrelle di ceramica colorata, di varie forme e dimensioni, e rivestirne quel “Muretto” così spoglio, affinché tutti potessero contemplarli.
Dietro al
Muretto, nascosto dagli enormi alberi del giardino, il Palazzo del Comune che dal
1904, ha preso il posto del convento delle Clarisse che sorgeva qui dal 1603,
poi spostato sulla collina.
Di fronte, nascosta
da un abete, s’intravede la “nuova” stazione ferroviaria, costruita nel 1914,
s’un terreno che fu della famiglia Hanbury, la quale lo concesse gratuitamente
a condizione che tutti i treni passeggeri, transitanti da Alassio, vi si
fermassero; il primo treno che transitò sulla linea Savona-Ventimiglia risale
all’anno 1872.
Attraversata
piazza Partigiani si giunge ad una splendida costruzione in stile liberty,
appena restaurata, il “Grand Hotel”. Del 1871, era l’albergo più elegante del
ponente ligure, solo una decina d’anni più vecchio dell’Hotel Mediterranee, era
affiancato da un casinò che ha lasciato il posto all’attuale piazza.
Furono gli anni in cui i medici cominciarono a consigliare la balneazione nelle acque marine quale metodo naturale per la guarigione di diverse malattie, così le spiagge cominciarono timidamente ad animarsi di ultra pudichi bagnanti e proprio qui davanti sorse, qualche anno dopo, il primo stabilimento balneare della cittadina “l’Anfitrite”, affiancato in breve tempo dalle cabine del Collegio Salesiano. Pochi sanno che, a questo proposito, nel 1906 le autorità comunali emisero un’ordinanza (molto simile a quella attuale), secondo la quale era severamente proibito percorrere o intrattenersi per le vie del paese in accappatoio, era solo tollerato andare con tale abbigliamento dall’abitazione al mare.
Questi furono
anche gli anni in cui arrivarono qui i precursori dell’attuale turismo: gli
inglesi.
E così nacque
l’Alassio che tutti noi conosciamo, quella che viviamo ascoltando il ticchettio
dell’orologio e di cui non ci soffermiamo mai ad ammirare le bellezze che la
resero tale.
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