mercoledì 7 maggio 2014

Una Vita Vuota di Certezze

di Simona CASAGRANDE
 
«Massaccio?» chiede, ai passanti, una ragazza cinese, vestita di tutto punto, camminando sul bagnasciuga con le ciabatte tra le mani; mentre una sua collega, con l’olio di canfora, massaggia tranquillamente, senza inibizioni, le parti intime di un uomo sdraiato nudo a gambe larghe, tra i cespugli delle dune. È la spiaggia naturista di Capocotta, popolata da una fauna meno stravagante di quel che si pensi: il maschio, alla vista dei passanti, si alza in piedi facendo la ruota come un gallo cedrone, la femmina, invece, come una timida cerbiatta, si ritrae girandosi prona, quasi a volersi celare.
In acqua, poco lontano dalla riva, un uomo di colore, incurante dello spettacolo, tira uno strano strumento fatto di una sottile maglia di ferro terminante con grandi e lunghi rami. Setaccia, a gran fatica, il fondale, osteggiato dalla forza delle onde, per raccogliere delle piccolissime conchiglie grigiastre, le telline: un prelibatissimo mollusco che nel pomeriggio venderà ai ristoratori della zona. Non sa, però, che in Liguria, ogni mattina, all’alba, là dove l’onda si allunga per abbracciare la spiaggia, centinaia e centinaia di telline, spinte dall’alta marea, formano una sottile striscia bianca. Prima che il setaccio dei bagnini ripulisca il bagnasciuga, i bambini le raccolgono velocemente con i secchielli, per addobbare i castelli di sabbia, per farne, con grande ingegno e maestria, collane, braccialetti, cavigliere e anelli che nel pomeriggio distribuiranno ai turisti. «Solo due euro signora, è tutto artigianale, fatto da me!». E a loro nessuno dice «No grazie!». Tutti sorridono inteneriti dalla sana intraprendenza di questi scolaretti.

A Capocotta, al posto delle fragili telline, sulla sabbia, tra la bianca schiuma delle acque, rotolano avanti e indietro, spinti dalla corrente, i corpi abbandonati d'innumerevoli granchi morti; e gli ossi di seppia, sul bagnasciuga, sono incollati alla sabbia, come francobolli.
L’arenile, di origine ferrosa, le cui fasce cromatiche, dal grigio melange all‘ambrato, si stendono perpendicolarmente alla battigia, è cristallino come zucchero e morbido come un cuscino di piume. Mentre le conchiglie, qui, nella loro insostenibile leggerezza, vi si appoggiano delicatamente, i piedi dei viandanti affondano impietosamente fino alle caviglie, appesantendo il corpo di chi cammina.

Intanto tronchi di alberi rinsecchiti, di quando in quando rinfrescati dagli spruzzi delle onde, riposano stanchi sulla riva, sperando nell'alta marea per riprendere il largo, per approdare in un paese lontano e ripartire poi nuovamente all'insegna di una nuova avventura.
Qui, stranamente, non si sente l’insopportabile gracchiare dei gabbiani reali, che alteri, fermi sulla riva, dominano con lo sguardo il susseguirsi delle onde, pronti a scattare in volo alla vista di qualche "splash“, ma si vedono piccole lepri giocare a nascondino tra i cespugli.
 
Le sabbiose dune, attraversate da serpentine piastrellate che accompagnano gentilmente gli ospiti al bagnasciuga, sono tra le meglio conservate d'Italia, alte fino a dieci metri, proteggono, come le mura di un castello, che racchiude in sé, non so quale segreto, l’intimità dei bagnanti dalle macchine che sfrecciano sulla litoranea, donando al luogo un fascino esotico e misterioso. Visibili già in lontananza, le colline sabbiose sono interamente coperte da batuffoli di piante alofile, graminacee, splendidi ciuffi di un'allegra ginestra odorosa, morbidi cespugli di cisto villosa rosa e bianca, ma poche sono le persone che ne ammirano la natura rigogliosa. Quando arrivano qua, le ciurme cittadine, sognano solo il vento che scompiglia i capelli, un tuffo tra le fresche acque blu e niente più. 

Al lido di Ostia, le dune si sono estinte, la passeggiata a mare si affaccia direttamente sugli stabilimenti, ove le famiglie, in tutta tranquillità, si abbandonano al sole.
 
Al tramonto un ragazzo sulla mountain-bike gioca a sfidare l'andirivieni della risacca, mentre un gruppo di adolescenti con lunghe canne tenta di costruire le porte di un campo di calcetto; altri beffano la sorte tuffandosi con la tavola tra le onde, nonostante un cartello ne interdica la balneazione; poco più in là un gruppo di bambini rincorre un granchietto tra le rocce, pensando magari di portarselo a casa.

Al largo un panfilo, battente bandiera maltese, chiede ospitalità per la notte al porticciolo turistico, che, troppo affollato, è costretto a indirizzarlo altrove, ma che importa, a bordo si ride e si scherza, c’è la piscina e lo champagne scorre a fiumi nei bicchieri. Sulla costa, invece, non molto lontano, alcuni bambini giocano a palla, s’una strada grigia e polverosa, in mezzo a rifiuti e carcasse d‘auto abbandonate e, mentre, incantati, guardano sognanti il bianchissimo gigante allontanarsi, dalla finestra di una casa "sgaruppata", la mamma li chiama per la cena. È l‘ora di tornare alla realtà!
Il rosso della sera annuncia un’altra splendida giornata di sole, e sul pontile, un gruppo di studenti in gita, balla allegramente accompagnati dalla chitarra di un artista di strada: si festeggia il sapore di una vita, vuota di certezze e piena di speranze, che ancora tarda ad arrivare.