lunedì 26 marzo 2012

Nel Silenzio di un Mondo Antico

di Simona Casagrande


Nella Riviera delle Palme l’estrema diversità degli ambienti rende facile al turista organizzare una vacanza secondo i propri interessi: è possibile, infatti, visitare questo territorio unicamente per i suoi tesori d’arte, oppure per la natura che varia, dal paesaggio dolce delle spiagge e dei primi pendii ricoperti di ulivi, a quello aspro delle montagne, o ancora per avere la sensazione di essere stati trasportati in un mondo antico, mentre si visitano borghi medioevali immersi nel silenzio.

Così magicamente catapultati, come dame e cavalieri, in un mondo incantato, incontriamo, in Val Lerrone, uno dei borghi meglio conservati, creati dalla città di Albenga, nella prima metà del ‘200, destinati a difendere e coltivare la piana: Villanova.

Completamente cinto da mura, alte più di sette metri, contornate da merlature guelfe, intervallate da dieci torri, con due portoni d’ingresso, il villaggio conserva al suo interno ancora interessanti arredi urbani del passato, come il pozzo medievale  con la catena d’epoca.

In Val Neva, ancora nel territorio ingauno, troviamo Cisano, altro paese fortificato da Albenga nel ‘200, ma di cui purtroppo restano soltanto alcune parti delle mura con i camminamenti di ronda ed una torre. Sulle alture, invece, perfettamente conservato, domina il castello di Conscente, fatto costruire dalla famiglia Costa nel 1400 e tutt’ora abitato dagli ultimi discendenti.

A sinistra del torrente Neva, troviamo la Val Pennavaira, che con le sue innumerevoli grotte, le alte guglie, pareti a strapiombo, creste e canyon, si è meritata l’appellativo di “Dolomiti della Riviera”. Questa zona, oltre ad essere amata da coloro che fanno free climbing, è considerata uno dei più importanti siti archeologici d’interesse nazionale, infatti nel corso degli scavi, iniziati negli anni ’50, sono stati rinvenuti numerosi reperti che attestano la presenza dell’uomo in questa zona, dal paleolitico fino all’età romana.

In questo punto, la strada, costeggiata da ciliegi, faggi, castagni ed ulivi, ci conduce in un caratteristico comune della vallata, composto da diverse frazioni: Castelbianco. Qui le case in pietra grigia locale, dai tetti piani e le cornici bianche alle finestre, sono cresciute intorno a mulini, frantoi e filande, ed abbandonate, per la maggior parte, in seguito al terremoto del 1887. La frazione in più evidente stato di abbandono era la Colletta, che però nel 1991 è stata oggetto di un interessante intervento di recupero, forse unico in Europa: rispettoso delle antiche strutture e dei motivi architettonici tradizionali nella zona, ed allo stesso tempo elegantemente all’avanguardia in quanto cavi telematici la collegano al mondo attraverso internet. Tutto appositamente studiato per poter lavorare a pieno ritmo, senza rinunciare agli stili di vita del passato e ad un contatto diretto con la natura ancora intatta che circonda il borgo, naturalmente solo per chi ha la possibilità di telelavorare.

Tornati sulla strada che conduce a Garessio, attraversato Zuccarello, ed i suoi portici dai pilastri e le arcate irregolari di stile piemontese, andiamo su verso Castelvecchio di Roccabarbena. Mentre saliamo, nonostante la strada tortuosa, varrebbe la pena ammirare e, con una macchina fotografica a portata di mano, immortalare la verde landa sotto di noi: all’orizzonte, verso sud-ovest, il blu immenso del mare, che, anche da lontano, sembra voler dominare il paesaggio. Alzando lo sguardo, invece, potremo vedere, aggrappate alla roccia, intorno al possente castello, le case del borgo. Sorto nel XI sec. intorno all’imponente maniero, è stato fatto erigere dai Clavesana, perché nel punto più idoneo a controllare contemporaneamente due valichi: il San Bernardo e lo Scravaion. In pietra, confondendosi tra la roccia della montagna, è formato da stretti passaggi, scavalcati da archi antisismici e massicce case fortezza, che salendo verso il castello, lo chiudono quasi in un cerchio. Curioso è il cimitero fatto a forma di cuore.

Scendendo in Val Varatella e passando dal Giogo di Toirano e dalle case in pietra di Carpe, giungiamo presso il monastero benedettino di San Pietro, fondato nel IX sec. sotto Carlo Magno, anche se si dice che San Pietro abbia sostato qui, con la sua famiglia, nel suo viaggio verso Roma, erigendo la prima chiesa della Liguria.

Come ultima tappa, non si può tralasciare, il caratteristico borgo di Toirano, che come altri centri della zona vanta origini romane, anche se la struttura è medioevale, come anche il ponte in pietra, che scavalca il torrente, del XII sec. Un tempo centro industriale di una certa importanza, produceva olio, vino e carta; oggi mantiene vivo il ricordo di quelle antiche attività, nel Museo Etnografico della Val Varatella.

Proseguendo sulla strada principale si arriva a Borghetto Santo Spirito e quindi al mare.

Dopo questa straordinaria giornata, tornati a casa, la sera, guardando, attraverso le finestre, il sole tramontare dietro le montagne, potrete rivivere, per un istante, con quella malinconia tipica della luce crepuscolare, gli odori, i colori, i suoni, il silenzio, la serenità e la magia di quei luoghi straordinari che soltanto la Riviera delle Palme vi può regalare.


Pubblicato da GenovaZena a settembre 2010



 

domenica 11 marzo 2012

La Storia siamo noi

di Simona CASAGRANDE


Si pensa che le origini di Laigueglia risalgano all’epoca dell’Impero Romano, quando era denominata Aquilia, da “aquila”, come testimonia lo stemma della città. L’aquila era infatti un simbolo ricorrente nelle insegne delle legioni romane, che si pensa stanziassero qui, formando il primo nucleo abitativo.

Notizie più certe si hanno a partire dal sec. XII e XIII, quando gli abitanti giurarono fedeltà alla Repubblica di Genova nel 1191, ricevendo il privilegio di eleggere i propri consoli.

Tra il 1200 ed il 1300 giunsero sulle rive laiguegliesi ondate di Catalani che ivi stanziarono con le loro famiglie per pescare il corallo nei pressi di Capo Mele e diedero origine ai più antichi ceppi famigliari, esistenti ancora oggi.

Proprio grazie ai nuovi arrivati, i residenti impararono bene la tecnica della pesca del corallo facendola divenire una fonte di reddito impareggiabile. S’innalzarono, così, i palazzi degli armatori, nacque un’università, si apportarono migliorie all’ormai vecchio ospedale in vico Semeria, nel 1531 la chiesa di San Matteo divenne parrocchia e furono costruiti ben quattro oratori.

Purtroppo, però, nel 1546, attirati proprio dalla ricchezza della località marina, i Saraceni, con quattordici navi e più di mille uomini, capitanati dal ferocissimo Dragut, luogotenente del terribile Barbarossa, approfittando dell’assenza dei marinai, una notte, misero la città a ferro e fuoco, devastandola e rapendo un terzo della popolazione, al fine di ottenere un riscatto. I pochi sopravissuti, disperati, corsero a chiedere aiuto nelle località vicine e, quando Dragut ed i suoi tornarono, con la loro richiesta di riscatto, trovarono ad attenderli, a sorpresa, migliaia di persone pronte a non cedere al ricatto e ben decisi a combattere per salvare i catturati. Una funesta battaglia mise in fuga i saraceni e al largo, la flotta del comandante Berno, liberò i prigionieri.

Così la Repubblica di Genova, fece costruire, qui, tre bastioni di guardia a difesa della località marinara: la Torre del Cavallo, ad est del borgo, innalzata nel 1564, è l’unica rimasta; allora anche carcere, è ora la costruzione simbolo della cittadina.

Proprio a questo periodo e allo “Sbarco dei Saraceni” è dedicata la rievocazione storica che si terrà qui venerdì 23 luglio 2010.

Ogni anno, infatti, per questa ricorrenza, il borgo si trasforma in un set cinematografico al quale prendono parte più di 500 figuranti, turisti e autoctoni. Da ogni finestra del borgo sventola la bandiera con croce rossa su fondo bianco, di Laigueglia, e gli abitanti accolgono i foresti in abiti d’epoca, ma il clou dello spettacolo si realizza dopo il tramonto, quando, spenta tutta l’illuminazione cittadina, la storia catapulta, come per incanto, lo spettatore a quella notte del 1546. Le donne, sedute sulla spiaggia, ricamano serene intorno al fuoco, spettegolando e i bambini sono allegramente intenti nei loro giochi. Danza una ballerina spensierata sulle onde della risacca, ma dal mare, vestiti di nero, improvvisamente e inattesi, arrivano a nuoto, con il coltello tra i denti, i terribili saraceni… Un rullo di tamburi annuncia la sciagura: le case del borgo s’incendiano, scoppia una battaglia cruenta, esplosioni e fuochi prendono la scena, con suggestivi sottofondi musicali, ma infine arrivano, da levante e da ponente, in un fiume di torce, i difensori che combattono con tutte le loro forze il nemico e liberano i prigionieri.

Ed i turisti, spettatori, in mezzo a tutto questo, guardano attoniti la rappresentazione, partecipando con grande trepidazione alla storia, completamente avvolti dalle grida dei laiguegliesi e dalle più belle colonne sonore di ogni tempo.

Tutti concluderanno la serata con una divertente festa di musica e balli in piazza, per celebrare insieme la liberazione dei prigionieri tornati alle loro case.

Decisamente uno spettacolo da non perdere!


 
Pubblicato da GenovaZena a luglio 2010






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