martedì 19 giugno 2012

Un Borgo sul Confine


Si narra che intorno al 753 a.C. un gruppo di greci, probabilmente Focesi, che si recavano in Corsica per sfruttare i giacimenti di sale, crearono nella rada a ridosso del Capo delle Mele (in provincia di Savona), sino alla foce del Merula (allora in località Conna, molto più a monte rispetto ad ora), un approdo di sicuro ancoraggio, per l’imbarco e lo sbarco del sale, perché riparato dai venti di ponente e di maestrale.

Diversi secoli dopo un secondo contingente, giunse dalla Catalogna, si trattava di pescatori di corallo che insegnarono agli indigeni i segreti del loro mestiere.

Il mare pescoso e l’aria salubre rappresentavano i presupposti per l’insediamento di molti, soprattutto pescatori, fra gli altri, i più provenivano da Napoli, dalla Corsica e dalla Sardegna.

Purtroppo però arrivarono anche numerosi vandali, lasciando notevoli tracce delle loro terribili incursioni. I saraceni, conquistata la Sicilia, provarono ad invadere anche le coste della Liguria, devastando e saccheggiando, ma si dice che spesso nelle guerre il nemico più vigoroso è vinto in singolar tenzone da un gracile ligure…”. Tuttavia queste incursioni piratesche indussero a creare una catena costiera di torri, torrioni e fortini che tutt’ora si conservano da Ceriale a Vallecrosia.

Intanto, sulle sponde del Merula, la comunità costituitasi intorno alla chiesa di San Giovanni, quale insediamento genovese, a causa delle continue guerre tra guelfi e ghibellini, innalzò sulla collina, un complesso fortificato ove ben presto gli abitanti trovarono rifugio. Ma durante il medioevo, nuovi insediamenti continuavano a formarsi lungo le rive del fiume, nacquero così: Colla Micheri, Rollo, Marino, Pianrosso, Tigorella, Ferraia ed altri. Giunse un periodo di massimo sviluppo: la popolazione sobria e di semplici costumi, viveva in un certo benessere, gli scarsi reati erano puniti inflessibilmente e la moralità era salvaguardata al punto da espellere chi vivesse in concubinaggio.
Nel XV e XVI sec. a causa di due pestilenze e sotto la minaccia di continue febbri palustri, dovuti all’impaludimento dello stesso Merula, il complesso fortificato e gli insediamenti circostanti, furono abbandonati. Molti, atterriti, si rifugiarono nella vicina Laigueglia che allora contava più di mille abitanti ed annoverava un’importante Università, ma ben presto fecero ritorno alle loro abitazioni.

Con la venuta di Napoleone, però, prese consistenza una nuova emigrazione verso Genova, Toscana, Spagna, Francia ed addirittura nelle Americhe, specie in Uruguay e California. Così, la “Strada Romana”, a quel tempo principale via di comunicazione tra Roma e Marsiglia, vedeva ridotto il transito di bestiame da soma e di pedoni. Quando poi nel 1811, per volere della Francia, venne addirittura aperta una nuova via per il commercio, costeggiante Capo Mele, Colla Micheri, posta a tre km dal mare, fino ad allora passaggio obbligato tra Laigueglia ed Andora, venne pian piano abbandonata dai suoi abitanti. Finché nel 1958 un antropologo norvegese, Thor Heyerdhal, innamoratosi della nostra costa, la fece rifiorire. Il borgo antico, del Comune di Andora, è stato completamente ristrutturato mantenendo l’originaria configurazione medioevale e rivive ora in tutto il suo splendore attorno alla piccola chiesetta di San Sebastiano, sulla quale è posta una lapide in memoria della sosta che qui fece Pio VII, recandosi a Roma, nel 1814. Negli ultimi decenni, però, molti, anche stranieri, catturati dallo splendore del panorama e dalla pace che regna su questo colle, l’hanno scelto come dimora, così l’abitato si è esteso al punto da sconfinare nel territorio del comune vicino. Per questo Colla Micheri è ora parte di due Comuni: Andora e Laigueglia.

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