martedì 12 giugno 2012

Girgenti Sbarca ad Alassio


di Simona CASAGRANDE


«Mai visto in tutta la mia vita uno splendore di primavera come stamattina al levar del sole...Dalla finestra vediamo il vasto e dolce pendio dell'antica città tutto a giardini e vigneti, sotto il folto verde s'indovina appena qualche traccia dei grandi e popolosi quartieri della città di un tempo. Soltanto all'estremità meridionale di questo pendio verdeggiante e fiorito s'alza il tempio della Concordia, a oriente i pochi resti del Tempio di Giunone; ma dall'alto l'occhio non scorge le rovine di altri templi... corre invece a sud verso il mare.» In questo modo Goethe descriveva la valle dei templi, in quella splendida città che oggi noi chiamiamo Agrigento, ma che fino al 1929 veniva ufficialmente chiamata, con il nome datole dai Normanni, Girgenti.

Così, Gianfranco Jannuzzo, dopo “Se devi dire una bugia dilla grossa”, “È molto meglio in due”, “Liolà ed “Il divo Garry”, è tornato ancora ad Alassio con “Girgenti Amore Mio” che, dal 1 dicembre, sta portando in tournee in giro per l’Italia e dal 26 al 28 di febbraio è approdato anche al Politeama Genovese.

Assistito dall’abilissima regia di Pino Quartullo e le bellissime musiche di Francesco Buzzurro, ha dedicato un one man show di due ore alla sua città natale, ove ironia, sarcasmo, nostalgica malinconia ed idilliaca poesia, alternandosi, si fondono in tutt’uno. Una dichiarazione d’amore alla sua Agrigento ed alla Sicilia, ove, però, emergono, tra le tante doti, anche mille contraddizioni.
In una scenografia dai caldi colori, di un’antica città greca con resti di colonne doriche, racconta, in un rapporto diretto con il pubblico, la sua famiglia ed i suoi luoghi d’origine attraverso tipi, caratteri, tic, pregi e difetti di personaggi tipici delle nostre vite di tutti i giorni con grande autocritica.
Descrive con incredibile abilità  i protagonisti che danno vita ad una città: il giornalaio, il cameriere, il pasticcere, il barista, il professore, l’impiegato delle poste, il signore, con la borsa sotto il braccio, che s’incontra ogni giorno per le vie del centro, ma non si sa bene chi sia o cosa faccia… quelle persone con cui ci si scambia il buongiorno quotidianamente, di cui conosciamo i volti, ma non i nomi; quelle persone che, tolte dal luogo, ove le incontriamo solitamente, non ricordiamo chi siano; quelle persone, che però, nel tempo, conoscono noi, si ricordano il nostro cognome, come beviamo il caffè, il nostro piatto preferito, quali giornali compriamo; quelle persone senza le quali una città non potrebbe esistere.
Jannuzzo, da straordinario artista qual è, ha saputo tenere sempre viva l’attenzione, non solo con gag esilaranti e mai fine a se stesse, ma anche con incredibili momenti di riflessione che lasciavano, gli spettatori, senza respiro ed un velo di malinconia: una capacità di passare dal comico al drammatico unica nel suo genere. Con “stupore che si macchia d’orrore” ha saputo trattare con maestria temi amari come quello dell’annosa crisi idrica, la donna, l’istruzione, le infrastrutture.

Eccezionale anche il dialogo sarcastico improvvisato con il pubblico ineducato: ai soliti ritardatari “oh signori, fate pure con comodo, eravamo già tutti preoccupati…” ad un cellulare, che, nonostante la registrazione avesse ricordato di spegnere, squillava imperterrito “ma prego rispondete!” o alla signora in prima fila che continuava imperturbabile ad inviare messaggi “signora, ma cos’ha di così interessante da raccontare che è dall’inizio dello spettacolo che sta messaggiando!”… Quel dialogo attore/ascoltatore che rende il teatro uno spettacolo incredibilmente eccezionale, sbalorditivo, unico nel suo genere, irrepetibile, inimitabile…

Nonostante la scarsissima pubblicità, il teatro era gremito di pubblico: tutti i posti, sia in tribuna che in platea, erano esauriti. Gli spettatori alassini hanno assistito divertiti ai monologhi dell’attore, interrompendolo spesso con lunghi e scroscianti applausi ed alla fine, una standing ovation l’ha indotto a ripresentarsi raccontando ancora un paio di storie. Gianfranco Jannuzzo si è confermato, ancora una volta, con “La più bella città dei mortali”, come Pindaro definiva Girgenti, uno straordinario umorista: sicuramente è uno spettacolo da non perdere!



Pubblicato su GenovaZena ad aprile 2010






.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.